L’irriverenza di Simonetta Musitano: “Gli uomini? Non sono abituati a essere presi in giro, figuriamoci da una donna trans”


Simonetta Musitano
“È partito tutto da un’esigenza di raccontare e di raccontarmi. La mia storia non è solo mia, è la storia di tante”. Simonetta Musitano, un'attrice, autrice e stand-up comedian trans, sale sul palco con uno stile irreverente e un’autoironia sferzante e racconta un’esperienza personale “divergente” che diventa un atto politico. Romana di origini calabresi, talent di Wonty Media, Musitano nei suoi monologhi temi come l'identità di genere, il transfemminismo e le dinamiche di potere, usando la comicità per ribaltare stereotipi e pregiudizi. La sua carriera ha preso slancio con lo spettacolo "Una donna con le palle", per poi proseguire con la partecipazione a programmi televisivi come Propaganda Live e Comedy Central Live, consolidando il ruolo di voce critica e innovativa nel panorama comico italiano. L’abbiamo incontrata per farci raccontare cosa significa essere una stand up comedian trans in Italia, qual è il suo rapporto con il pubblico e con i social e perché gli uomini si offendono così facilmente. Hai trasformato la tua esperienza personale in uno strumento comico: in che momento hai capito che la stand-up comedy poteva essere la tua voce? “L’ho consapevolizzato pian piano, facendo stand up nella pratica. È partito tutto da un’esigenza di raccontare e di raccontarmi. La mia storia non è solo mia, è la storia di tante. Avevo un’urgenza veramente personale, che però corrispondeva all’urgenza anche di molte altre persone. Ho iniziato nel periodo in cui, sul palco di Sanremo, è stato presentato un monologo a mio avviso estremamente transfobico. In quel momento stavo iniziando il mio percorso di affermazione di genere, avevo appena finito il percorso psicologico e stavo iniziando quello ormonale. Non solo non mi ritrovavo in nulla di quello che era stato detto su quel palco, ma mi sono sentita anche personalmente toccata. E mi sono resa conto che nel panorama italiano le voci comiche sono spessissimo voci maschili, maschiliste, transfobiche. Sono partita proprio dall’idea di smontare alcuni cliché comici, di raccontare un’esperienza diversa”. La tua comicità affonda le radici nella tua esperienza personale ma riesce a parlare a tutte e tutti. Quando hai capito che poteva diventare uno strumento di politico, oltre che di espressione? “L’elemento politico è arrivato di conseguenza all'esperienza, perché poi mi sono resa conto sempre di più che il mio racconto era queer, era diverso, ma c’erano sempre più persone che mi dicevano: “Ascoltandoti ho imparato delle cose, non era come credevo”. E allo stesso tempo sempre più persone trans mi ringraziavano perché si sentivano per la prima volta raccontate e rappresentate. Il mio racconto è diventato sempre più una forma di rivendicazione della mia esperienza e del mio corpo”. Perché la comicità italiana ha fatto così tanta fatica ad aprirsi a narrazioni queer e trans? “Soffriamo in Italia di una comicità, soprattutto nel mondo televisivo, che fatica a distaccarsi da una cultura ‘da cabaret’ in cui i comici sono quasi solo maschi e raccontano - ovviamente - solo il loro punto di vista. Il problema è che non ci rendiamo conto che è effettivamente un punto di vista singolo, maschile, che esclude quello femminile. E per quanto riguarda lo spazio per persone trans, il problema è semplicemente che l'Italia è un Paese transfobico: è lo Stato europeo con più transicidi e, allo stesso tempo, è uno dei paesi in cui si guardano più video porno con attrici trans”.
Nella stand up comedy è più facile che queste rivendicazioni trovino uno spazio? “La stand up comedy, che rappresenta invece qualcosa di ancora relativamente nuovo in Italia, offre più spazio di azione e innovazione. In realtà, è un genere che nel nostro Paese molti fanno ancora fatica a digerire, a prescindere dalla possibilità che parli di tematiche queer e trans, perché ha un linguaggio molto più crudo e volgare del cabaret. Il codice della stand up di per sé scardina gli stilemi di un certo tipo di comicità italiana. A questo si aggiunge anche un maggiore libertà dovuta a una tradizione ancora brevissima che permette di avere maggiore spazio di manovra e di costruzione”. Sei una delle poche voci trans visibili nella comicità italiana mainstream. Senti il peso di questa rappresentanza o la vivi come un’opportunità? “Con l’aumento della mia visibilità, anche tramite la partecipazione a Propaganda Live, e con il crescere del mio seguito social, mi succede sempre più spesso di essere fermata per strada da molte persone della comunità Lgbtq+ che mi ringraziano, perché si sentono finalmente rappresentate e raccontate. Questa cosa mi dà molta soddisfazione. La comicità è sempre stata molto violenta nei confronti delle persone trans. Il fatto di riuscire a ribaltare questo paradigma attraverso il racconto della mia vita per me è molto importante. Non sento nessun peso. Allo stesso tempo, mi piacerebbe che ci fossero più comiche queer e soprattutto trans. A volte mi viene chiesto se non voglio staccarmi dalla ‘narrazione trans’, ma non avrebbe senso: una persona cisgender, uomo o donna, non smette mai di raccontarsi in quanto cisgender. Il mio è sicuramente un vissuto divergente, nuovo per molte persone. Per questo viene percepito in modo così forte. Ma io parlo di molti temi, di appuntamenti, di sesso, di coppia - temi di cui parlano tutti. Solo che le racconto dalla mia personale prospettiva, che - per ora - è poco rappresentata”. Cosa ha significato per te partecipare a programmi come Propaganda Live e Comedy Central Live? Cosa c’è di diverso rispetto alla stand up comedy? “La differenza fondamentale è che la stand up comedy è live e questo permette di creare empatia con il pubblico e di improvvisare a seconda delle sue reazioni. Ed è un momento che nasce e si consuma nell’arco di una serata. In televisione invece si tratta di momenti fortemente convenzionali, che durano meno di dieci minuti e che sono molto più controllati. Poi c’è il fatto che le clip dei programmi vengono caricate sulle piattaforme social, dove gli utenti commentano ciò che vogliono. E se nei live, il fatto di essere contestata avviene raramente perché le persone sono in soggezione, sui social danno il peggio di sé. Inoltre, lo spettacolo dal vivo mi permette di interagire e prendere in giro chi mi attacca, nel contesto digitale questo non può avvenire”.
A proposito, come sta andando il tuo percorso sui social, dove hai iniziato a pubblicare clip comiche sui tuoi canali personali? “Sta andando molto bene, anche se penso di essere entrata in una bolla social da cui vorrei cercare di uscire. Per ora propongo questo format che riguarda gli appuntamenti, che ho scoperto che quando riguardano una ragazza trans creano tantissima discussione e polemica rispetto al fatto che sia necessario o meno rivelare la propria identità di genere. Mi piace stimolare la discussione, anche se a volte i commenti diventano davvero molto violenti e in alcuni casi sono dovuta intervenire, minacciando azioni legali. Mi è stato detto che una donna trans è “una frode”. Accetto in parte che questo accada perché se vogliamo che se ne parli, bisogna che anche questo accada e che ci si renda conto di quanto le persone siano violente con le donne trans. E gli utenti più incattiviti sono sempre uomini, che non accettano che si rida di loro”. Perché questo avviene secondo te?
“Gli uomini si prendono troppo sul serio perché non sono abituati a trovarsi in una posizione di ‘svantaggio’ nella comicità, ad essere il bersaglio delle prese in giro. Quando vedono me, vedono un persona che considerano inferiore e che ribalta la dinamica di potere a cui sono abituati. ‘Rosicano’ quando a farlo è una donna cis, figurati cosa può succedere quando si tratta di una donna trans”.
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